I RISCHI DEL REVENGE PORN PER GLI ADOLESCENTI di R.Lorenzetto
DAL REVENGE PORN AL SUICIDIO, LE FORME E LA VITTIMOLOGIA NEI CYBER CRIMES
di Raffaele Lorenzetto (a), revisione di Massimiliano Mancini (b)
Abstract:La quotidianità dell’esperienza virtuale e la compenetrazione di internet in tutti gli aspetti della vita quotidiana allarga il fronte della minaccia da parte dei cyber criminals e, soprattutto, espone a rischi non calcolabili nella loro gravità e frequenza i minori e i soggetti più fragili. In questo contributo si affronta il fenomeno del revenge porn, ponendo l’accento sulle gravi conseguenze di questo fenomeno che possono portare la vittima persino al suicidio.
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(a) Socio UPLI, giurista membro dell’Accademia europea di scienze criminologiche e forensi.
(b) Segretario Generale UPLI, già comandante dirigente di Polizia Locale e Provinciale, criminologo esperto in psicologia investigativa, giudiziaria e penitenziaria.
Premessa introduttiva[1]
La società dell’informazione nella quale viviamo ha reso accessibili e di uso quotidiano a tutti la grande rete di internet rendendo la vita quotidiana permanentemente connessa a una piazza virtuale telematica.
Le grande rete mondiale – traduzione letterale del world wide web- ha offerto grandi opportunità di crescita in numerosi ambiti non solo economici ma anche culturali e sociali, in questo modo ha ridefinito la quotidianità rendendola sempre più strettamente connessa e sempre più dipendente dall’impiego di nuove tecnologie, d’altronde oggi la disponibilità di una connessione dati (fissa o attraverso la rete cellulare) è ritenuta una necessità al pari della corrente elettrica e dell’acqua corrente.
A fronte degli innegabili vantaggi ed aspetti positivi, si profilano altresì nuove forme di criminalità attuate nel cyber-spazio capaci di evidenziare le debolezze dei sistemi legislativi e delle modalità investigative tradizionali, assumendo connotazione transnazionali, collocandosi in un “luogo” non più configurabile entro i confini territoriali dei singoli Stati.
La quotidianità dell’esperienza virtuale, che ha assunto una tale familiarità e compenetrazione con tutti gli aspetti della vita quotidiana da assumere caratteri di ineluttabilità, allarga il fronte della minaccia da parte dei cyber criminals e, soprattutto, espone a rischi non calcolabili nella loro gravità e frequenza i minori e i soggetti più fragili.
Questo rischio è funzione anche del periodo soggettivo (adolescenza, fase di elaborazione del lutto, vecchiaia, ecc.) ed oggettivo (periodo di vacanze dalla scuola, festività ed eventi eccezionali come il periodo del lockdown[2]), ma anche di fattori predisponenti che caratterizzano la personalità, il carattere e il temperamento della vittima.
La vittimologia ci permette di comprendere come certi individui diventino vittime e gli effetti post-crimine su di loro, analizzando e studiando ciò che è accaduto prima, durante e dopo un atto criminale non solo per determinare il ruolo e il modus operandi del carnefice ma anche il ruolo della vittima stessa.
La vittimologia quindi è lo studio scientifico della vittimizzazione che concentra l’attenzione sui rapporti tra vittime ed autori di reato, le interazioni tra vittime e il sistema di giustizia penale, le connessioni tra vittime ed altri gruppi sociali ed istituzioni.
In precedenza si è già approfondito uno dei tipici fenomeni criminali che si sviluppano in rete ossia il cyberbullismo[3] e in questo contributo si approfondirà una particolare forma di espressione di questo crimine che si sta diffondendo molto tra vittime soprattutto adolescenti, senza escludere gli adulti, ponendo l’accento sulle gravi conseguenze di questo fenomeno che possono portare la vittima persino al suicidio.
Il revenge porn
Tra i reati che vengono ricompresi nell’alveo del cyber bullismo ritroviamo quello disciplinato all’art.612 ter c.p.[4], introdotto ad opera della Legge 19 luglio 2019, n.69 (c.d. “Codice Rosso”), con il quale il legislatore italiano ha inteso criminalizzare in via diretta e specifica il c.d. “revenge porn”, consistente nella pratica di pubblicare immagini sessualmente esplicite senza il consenso delle persone raffigurate.
Tali forme di prevaricazione, con modalità invasive e persecutorie, vengono notevolmente amplificate dal mezzo di realizzazione: l’utilizzo di internet e degli smart phone.
La vittima si ritrova ad essere indifesa di fronte alle aggressioni mediatiche a lei rivolte, realizzate molto spesso senza soluzione di tempo e spazio, mediante l’invio di sms minacciosi, di e-mail ingiuriose, oppure con la pubblicazione in rete di fotografie o altri dati riservati e personali, con commenti volgari e offensivi[5].
Ne consegue la possibilità dello sviluppo di un sentimento di isolamento della vittima, con conseguenze psicopatologiche gravi.
La Legge n.71/2017, positivizzando nell’ordinamento italiano la definizione di cyberbullismo, non introduce alcuna norma di natura penalistica, in quanto le condotte tipiche descritte dalla stessa possono essere fatte rientrare in fattispecie incriminatrici già esistenti, ponendosi piuttosto come uno strumento legislativo speciale fondato su un approccio più «educativo-preventivo» che «repressivo».
Infatti, l’unica misura sanzionatoria aggiuntiva prevista nei confronti del minore che abbia compiuto atti di cyberbullismoè rappresentata dall’ammonimento, già prevista per il reato di cui all’art. 612 bis c.p.[6].
In altre parole, essa cerca di fronteggiare il fenomeno ricorrendo a strumenti di natura diversa dal diritto penale: la possibilità per la vittima di cyberbullismo, o per il genitore o il soggetto esercente la responsabilità genitoriale sul minore medesimo di inoltrare al titolare del trattamento dei dati, al gestore del sito internet o del social media, un’istanza per l’oscuramento, la rimozione, il blocco dei contenuti specifici rientranti nelle condotte di cyberbullismo (art.2); l’istituzione di un « tavolo tecnico» per la redazione di un piano di azione integrato per la prevenzione del fenomeno (art.3); l’elaborazione da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e delle ricerca di linee di orientamento per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno in ambito scolastico (art.4); l’estensione all’autore di atti di cyberbullismo che abbia compiuto 14 anni della procedura di ammonimento prevista per lo «stalker» (art.7)[7].
L’istigazione al suicidio
Tra i reati più gravi che possono essere fatti rientrare all’interno del perimetro del cyberbullismo ritroviamo l’istigazione al suicidio.
Sono infatti prospettabili casi in cui le condotte criminali, perpetrate tramite la rete, possano far sviluppare insicurezza patologica e calo di autostima, senso di emarginazione, problemi relazionali e disturbi da ansia e da depressione, fino a giungere, alle estreme conseguenze, a veri e propri tentativi di suicidio.
Le condotte che spingono le vittime di cyberbullismo ad un gesto estremo quale il suicidio possono ricollegarsi al delitto di cui agli artt.600 ter e quater c.p., ovverosia alla detenzione ed alla divulgazione su rete di materiale pedopornografico che ritrae la vittima stessa, la quale può essere anche minacciata e ricattata con lo scopo di estorcere del denaro in cambio della non divulgazione del materiale in questione, ipotesi, quest’ultima, riconducibile al reato di estorsione.
Alcuni autori hanno studiato quella che può essere ritenuta una nuova categoria nosografica: la “vittima di suicidio”.
L’elemento discriminante tra la figura del suicida e quella della vittima di suicidio è rappresentato dalla “volontà”, intesa quale volontà di compire un determinato gesto e volontà di giungere fino alle conseguenze finali di quel gesto.
Affinché si possa parlare di vittima di suicidio è sufficiente, quindi, che vi sia la mancanza di una delle due discriminanti: la volontà del gesto, oppure la volontà/consapevolezza delle conseguenze del gesto.
Ancora, la vittima di suicidio è quella che, pur desiderando genericamente di morire, non ha piena consapevolezza del gesto che sta compiendo[8].
Tali considerazioni potrebbero certamente rivelare un’elevata pregnanza nei casi di istigazioni al suicidio commesse nell’ambito del cyberbullismo.
Quando ci si ritrova di fronte ad un caso di morte violenta, anche imputabile al suicidio, la vittimologia può fornire un importante contributo alle indagini attraverso l’“autopsia psicologica”.
Si tratta di una ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa, ricostruzione necessaria per meglio comprendere la sua morte e le cause che l’hanno provocata[9].
La maggiore applicazione dell’autopsia psicologica è avvenuta proprio all’interno di studi relativi al suicidio, con fini preventivi.
Dall’autopsia psicologica alle cybercrime traces
Si ritiene necessario, a questo punto, porre l’attenzione sul contributo che potrebbe essere fornito da un’analisi delle tracce lasciate direttamente dalla vittima di suicidio in rete, al fine di redigere un’autopsia psicologica.
Tale ricerca potrebbe fornire delle informazioni importanti, che devono essere successivamente confermate, smentite o contestualizzate grazie alle dichiarazioni rilasciate da amici e parenti del suicida.
Allo scopo di risolvere quello che si rivelò inizialmente come il punto debole dell’autopsia psicologica, ossia la mancanza di procedure standard, a Cuba venne studiato un modello integrato denominato MAPI (Modelo de Autopsia Psicologica Integrado), finalizzato ad uniformare le procedure operative. A differenza di tutti i modelli utilizzati in precedenza, il MAPI si presenta come un modello strutturato e sistematizzato in maniera tale da ridurre al minimo il margine di errore.
Ogni giorno vengono pubblicati dati circa la crescente tendenza suicidaria nella popolazione di giovane età e questo fenomeno è interpretato da alcuni come la conseguenza dell’impatto dovuto all’accumulo di problemi sociali e stress.
Tracciare un profilo di personalità delle vittime di bullismo, come di quelle di cyberbullismo, è una forma di astrazione che non tiene conto delle relazioni individuali.
Tuttavia, dall’esterno possono apparire alcuni elementi comuni in coloro che subiscono tali condotte, quali ad esempio: sensibilità, ansia e insicurezza; scarsa autostima e cattiva opinione di sé; debolezza fisica; solitudine e isolamento, che rappresentano gli esiti del ritiro sociale nel quale ogni vittima si rifugia; incapacità nelle attività sportive e in tutto ciò che comporta l’uso del corpo, la competizione con gli altri non è nemmeno ipotizzabile e rimanda all’impossibilità di affermare se stessi nel gruppo di pari; diversità rispetto agli altri, per un difetto fisico o per un carattere legato all’etnia; difficoltà a chiedere aiuto.
I ragazzi vittime sono in qualche modo predestinati all’incontro con i bulli, come fossero parti complementari dello stesso insieme.
Dall’altra, invece, bulli e cyberbulli sembrano non riuscire a riconoscere i sensi di colpa e sono caratterizzati da una totale mancanza di empatia.
Tale carenza li porta a vedere le vittime come semplici strumenti al servizio dei propri istinti, sviluppando così una tendenza antisociale[10].
[1] di Massimiliano Mancini.
[2] A questo proposito: C.Matteuzzi, Il grooming al tempo del coronavirus in: https://www.unionepolizialocaleitaliana.it/sito/2020-23/.
[3] R.Lorenzetto, La fenomenologia del cyberbullismo in: https://www.unionepolizialocaleitaliana.it/sito/2020-60/.
[4] Codice Penale, art.612 ter (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti) “1.Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. 2.La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. 3.La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. 4.La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.”.
[5] Il 30 aprile 2020, con l’operazione “Drop the Revenge”, la polizia Postale ha identificato e denunciato gli amministratori di tre canali Telegram, che diffondevano materiale con contenuti sessualmente espliciti e violenti: un vadecum di revenge porn, materiale pedopornografico, insulti e minacce a danni delle vittime. Il blitz è il risultato di un’indagine coordinata dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni e ha coinvolto le Procure del Tribunale Ordinario di Milano, Palermo e Bergamo, e la Procura della Repubblica del Tribunale per i Minorenni di Palermo.
[6] Codice Penale, art.612 bis (Atti persecutori) “1.Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. 2.La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. 3.La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.104, ovvero con armi o da persona travisata.”.
[7] Panicali C., Il Cyberbullismo: i nuovi strumenti (extrapenali) predisposti dalla Legge n. 71/2017 e la tutela penale in Responsabilità civile e previdenza, 2017, fasc. 6, pp 2081 ss.
[8] Monzani M., Il sopralluogo psico-criminologico. Giuffrè editore, 2013.
[9] Bonicatto B., Garcìa Pèrez T., Rojas Lòpez R., L’autopsia psicologica. L’indagine nei casi di morte violenta o dubbia. Franco Angeli editore, 2006.
[10] Tonioni F., Cyber Bullismo, Mondadori editore, 2014.
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