L’ANALISI E L’INDAGINE DELLA SCENA DEL CRIMINE di M.Mancini

L'ANALISI E L'INDAGINE DELLA SCENA DEL CRIMINE di M.Mancini

LA SCIENZA DELL’INVESTIGAZIONE DELLA SCENA DEL CRIMINE

     di Massimiliano Mancini (1)

AbstractCome affrontare le indagini sulla scena del crimine utilizzando gli strumenti logici e scientifici. Dalla fase dell’analisi della scena del crimine, che deve essere astratta da passioni e convinzioni, concentrandosi sull’acquisizione delle prove senza pregiudizi, bias ed euristiche, alla fase delle indagini sugli elementi acquisiti, che deve tener conto del principio di falsificazione per sostenere il contradditorio e quindi la validità della prova in ambito processuale.

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(1)Segretario Generale UPLI, già comandante dirigente di Polizia Locale e Provinciale, criminologo esperto in psicologia investigativa, giudiziaria e penitenziaria.

Premessa

Si è illustrato in precedenza le fasi di quell’attività che si definisce in ambito criminalistico “analisi della scena del crimine” e che nell’ambito della procedura penale costituisce gli “accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone” prevista dall’art.354 c.p.p.[1].

Queste attività, evidentemente, sono conseguenza di un fatto oggettivo che è la commissione di un reato e se ne prescinde dalla gravità poiché la procedura penale e il dovere dell’investigatore è il medesimo e poi, com’è noto, spetta al giudice accertare i fatti, la loro rilevanza e la conseguente pena e non certo alla polizia giudiziaria.

Di seguito i riferimenti delle fasi precedenti con i link per scaricare gli altri contributi:

  1. Prima fase-approccio in sicurezza alla scena del crimine: https://www.unionepolizialocaleitaliana.it/sito/2020-56/.
  2. Seconda fase-la delimitazione e la tutela della scena del crimine: https://www.unionepolizialocaleitaliana.it/sito/2020-59/.
  3. Terza fase-limitatamente al corretto accesso alla scena del crimine: https://www.unionepolizialocaleitaliana.it/sito/2020-61/.

Gli accertamenti urgenti sui luoghi e sulle persone

La scena del crimine, qual’è ogni area dov’è avvenuto un reato, è il punto di partenza di ogni indagine e l’area di collaborazione tra magistratura, polizia giudiziaria, polizia scientifica e medicina legale.

Tutti questi soggetti convergono sulla scena del crimine, all’interno della quale si dovranno identificare, analizzare e interpretare i segni lasciati dalla vittima e dall’autore del reato e questo si esegue con lo strumento procedurale degli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone previsto dall’art.354 c.p.p.

Lo scopo del sopralluogo che si svolge nell’area del reato è, ovviamente, quello di ricercare le tracce e assicurare le prove acquisendole per l’autorità giudiziaria, ma è importante ricordarsi sempre che una traccia latente può essere successivamente amplificata e rilevata con strumenti tecnici più potenti, ma ciò che viene distrutto o inquinato è perso definitivamente, quindi è più importante prendersi del tempo e curare tutte le cautele che non affrettarsi per ricercare rapidamente il maggior numero di indizi.

Non si avere l’ansia di trovare prove perché anche l’assenza di elementi, può costituire una fonte di prova: questo potrebbe significare, ad esempio, che non è la scena primaria e che magari i corpi o gli oggetti sono stati trasportati in quel luogo mentre il reato è avvenuto altrove, oppure che la scena è stata preparata minuziosamente, come avviene spesso in molti reati premeditati, oppure che è stata ripulita attentamente come nei crimini organizzati, in questi casi è importante immaginare cosa dovrebbe essere presente sulla scena del crimine e capire cosa oggettivamente che non lo è.

Si deve contemporaneamente cercare di capire quali possano essere i testimoni oggettivamente utili per ricostruire i fatti, quelli che erano davvero presenti o che hanno visto qualcosa di interessante e soprattutto che siano disposti a raccontare senza reticenze ma anche con affidabilità, in questi casi si devono isolare al più presto dalle altre persone presenti in modo da conservare la loro obiettività riguardo agli accadimenti cui hanno assistito.

È utile parlare al più presto con tutte le persone che, inevitabilmente, hanno avuto accesso ai luoghi prima dell’intervento delle forze dell’ordine: soccorritori, vigili del fuoco, testimoni, curiosi, operatori a vario titolo impegnati nei soccorsi, ecc., perché anche le loro testimonianze potrebbero rivelarsi importanti e comunque sono da identificare appena arrivati sulla scena del crimine rilevando anche le targhe dei veicoli.

L’attività investigativa sulla scena del crimine si suddivide in due fasi:

  1. analisi della scena del crimine;
  2. indagine sugli elementi acquisiti.

Il metodo investigativo nell’analisi della scena del crimine

Una formula mnemonica della sequenza logica nell’investigazione dell’area di un reato potrebbe essere sintetizzata in un sistema che potremmo chiamare le “cinque I” o “I5”:

  • intervenire, nel più breve tempo possibile;
  • isolare, delimitando la scena del crimine con il nastro e presidiandola;
  • ibernare metaforicamente l’area preservandola da qualsiasi alterazione;
  • individuare le tracce e le prove attraverso l’osservazione e gli strumenti idonei;
  • inventariare ossia repertare le prove raccogliendole e conservandole con cura;

 

Durante il sopralluogo è utile non farsi alcuna idea affrettata o ipotesi investigativa anzi rifiutare qualsiasi ricostruzione dei fatti che ci venga in mente praticando quindi quell’atteggiamento noto come “epoché” [dal greco antico ἐποχή=sospensione] ovvero la sospensione del giudizio.

L’analisi della scena del crimine deve essere concentrata sulla ricerca delle tracce e prove, senza selezionarle e senza preferenze inconsce che potrebbero essere determinati da bias cognitivi ed euristiche, meccanismi inconsci di alterazione della capacità percettiva e cognitiva[2].

I bias cognitivi [dall’inglese bias=pregiudizio] sono costrutti fondati, al di fuori del giudizio critico, su percezioni errate o deformate, su pregiudizi e ideologie; utilizzati spesso per prendere decisioni in fretta e senza fatica.

Le euristiche [dal greco antico εὑρίσκω=scopro, trovo] sono, al contrario dei bias, procedimenti mentali intuitivi e sbrigativi, scorciatoie mentali, che permettono di costruire un’idea generica su un argomento senza effettuare troppi sforzi cognitivi, in altre parole sono strategie veloci utilizzate di frequente per giungere rapidamente a delle conclusioni.

In sostanza l’essere umano applica sempre una generale “legge del minimo sforzo[3] ossia cerca di ottimizzare le risorse mentali in modo da ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.

Quindi non ci si deve lasciare influenzare dalla prima impressione, dall’idea che ci può fare dei fatti appena arrivati sulla scena del crimine, la maggior parte dei crimini irrisolti e delle indagini poi crollate ignominosamente in sede di giudizio, magari in appello o in Cassazione, sono state viziate da un atteggiamento verificazionista che ha portato gli investigatori e spesso anche i pubblici ministeri a seguire solo una pista e/o a cercare solo le prove che confermassero la loro ipotesi investigativa.

Molto spesso, quello che sembra “fiuto investigativo” è in realtà l’influenza inconscia delle esperienze acquisite in precedenza, quindi quando ci si presenta una situazione simile a casi, a persone a situazioni, ambienti trattati in precedenza[4], anche perché ci si ricorda di ciò che si è fatto e non delle ipotesi o delle scelte che si sono scartate in passato[5].

Altro fattore importante è il controllo dell’emotività, rispetto ciò che si vede, anche di fronte a scene raccapriccianti, di rilevante violenza e a corpi smembrati o comunque con ferite estese con fuoriuscita di visceri, fluidi organici e con organi o fratture esposte.

Si deve riuscire a esercitare l’atarassia [dal greco antico ἀταραξία=assenza di agitazione, tranquillità] una condizione di imperturbabilità ed evidente mancanza di legami emotivi con l’ambiente e le persone poiché, al contrario, l’empatia, ossia la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui quello che si dice correntemente il “mettersi nei panni dell’altro”, e la partecipazione emotiva determina influenze sul giudizio e confusione emotiva e quindi razionale falsando l’attività di ricerca.

L’emotività è una variabile che influenza anche il ricordo e quindi inquinando la traccia mnestica e attivando meccanismi di difesa primari, come ad esempio la rimozione o la negazione, possono falsare la ricostruzione di ciò che si è svolto sulla scena del crimine e quindi la testimonianza che il personale renderà davanti al giudice si presterà facilmente a contestazioni e ragionevoli dubbi.

Quindi l’analisi della scena del crimine deve concentrarsi sulle tracce e sulla raccolta delle prove senza formulare alcuna ipotesi, senza lasciarsi influenzare da alcun giudizio o da alcuna testimonianza, solo sospendendo qualsiasi valutazione investigativa si riuscirà quindi a trovare il maggior numero di indizi per poter, in una seconda fase, dopo aver terminato il sopralluogo, mettere assieme tutti gli elementi raccolti per valutarli serenamente e il più liberamente possibile.

Il metodo nell’indagine degli elementi acquisiti

Dopo aver rilevato le tracce e raccolto le prove, attività che, come si è detto, richiede il massimo distacco emotivo e l’astrazione da qualsiasi considerazione su di esse, la fase successiva, al contrario, si occupa proprio della riflessione e quindi della connessione delle prove tra di loro.

In questa fase può essere utile mutuare la cosiddetta regola anglosassone delle “cinque W” o “5W” nota in inglese come come “five Ws” [pronuncia five dablious] o “W-h questions” [pronuncia five how questions=cinque domande sul come], che è utilizzata per le scienze della comunicazione come regola principale dello stile giornalistico anglosassone.

Si struttura in questo modo.

  • Who? [«Chi?»], chi può aver commesso il delitto, ipotizzando possibili sospetti o individuando una tipologia di autore.
  • What? [«Che cosa?»], cosa è stato realmente commesso sia sul piano logico, andando oltre le apparenze, e sia sul piano giuridico attribuendo una o più qualificazioni del fatto.
  • When? [«Quando?»], utilizzando gli strumenti della criminalistica ossia delle scienze forensi e della logica per attribuire una cronodatazione affidabile agli eventi.
  • Where? [«Dove?»], quindi dove è stato effettivamente commesso o iniziato il delitto oltre le apparenze e sulla base dei riscontri scientifici, valutando l’esistenza di altre possibili scene del crimine e prevedendo ulteriori evoluzioni del fatto.
  • Why? [«Perché?»], ossia il movente quindi la ragione logica e l’utilità del reato in senso oggettivo e soggettivo.

In tutto il percorso logico-investigativo deve essere sempre applicato il “principio di falsificabilità” traduzione della teoria “Fälschungsmöglichkeit” formulata da Karl Popper[6], ossia qualsiasi ipotesi o risultanza investigativa deve essere “confutabile”, in parole povere un’affermazione che può essere smentita dall’osservazione di fatti nuovi è un’affermazione falsificabile -ciò non vuol dire che sia falsa- mentre qualsiasi ipotesi che risulta, anche in linea di principio, impossibile da smentire è una prova non falsificabile e quindi dogmatica.

In che modo quindi deve essere disponibile la falsificabilità:

  • attraverso i mezzi di verifica scientifici, tramite quindi le scienze forensi;
  • mediante gli strumenti logici, quindi con il vaglio critico del confronto con altri soggetti (altri investigatori, nuovi testimoni, magistrati, difesa, esperti esterni).

La scientificità delle prove come elemento di validità giuridica delle prove

Il principio del contraddittorio impone, com’è noto, che le prove si formino nel dibattimento e quindi sottoposte al giudizio di un terzo estraneo ai fatti, ossia il magistrato giudicante, che valuti le prove che sono sottoposte a falsificazione dinanzi a lui in condizione di assoluta parità tra soggetti contrapposti quali sono l’accusa e la difesa.

E questo sistema, che è un principio Costituzionale previsto esplicitamente dall’art.111[7], oltre che valore di civiltà giuridica e di democrazia, è stato ulteriormente rafforzato dalla riforma del processo penale che, dal sistema inquisitorio è passato a quello accusatorio del codice di procedura penale del 1988 è la concretizzazione giuridica del principio di falsificabilità.

In ossequio al principio accusatorio che sottende il sistema processuale italiano, ai sensi dell’art.190 c.p.p. le prove sono ammesse a richiesta di parte (principio dispositivo), salvo i casi in cui la legge stabilisce che si proceda d’ufficio.

Ciò comporta che spetta alle parti ricercare le fonti, valutare la necessità del mezzo di prova a sostegno della propria tesi e chiederne al giudice l’ammissione e accettarne la falsificazione in contraddittorio tra le parti dinanzi al giudice terzo nel dibattimento che è tenuto ad ammettere con ordinanza le prove presentate dalle parti salvo siano vietate dalla legge, manifestamente superflue o irrilevanti.

Per il principio di legalità delle prove, qualora queste siano acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge, a cominciare dal principio del contraddittorio, non possano essere utilizzate e questo vizio insanabile è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (art.191 c.p.p.) [8] e inoltre il giudice può utilizzare solo le prove legittimamente acquisite nel dibattimento, rigettando qualsiasi dichiarazione di chi si è sottratto alla falsificazione ossia al contraddittorio con l’imputato o con il difensore (art.526 c.p.p.)[9].

[1] Codice di Procedura Penale, art.354 (Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro) c.1 “Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero.”.

[2] Per approfondire il tema delle euristiche e bias: D.Kahneman e S.Frederick, Heuristics and Biases: The Psycology of Intuitive Judgment. New York, Cambridge University Press, 2002.

[3] W.Kool, Decision Making and the Avoidance of Cognitive Demand, in “Journal of Experimental Psychology”, 139, 2010.

[4] D.Kahneman, Pensieri lenti e veloci. Mondadori, 2012.

[5] Mather, M., Shafir, E., & Johnson, M.K. (2000). Misremembrance of options past: Source monitoring and choice. Psychological Science, 11(2), 132–138.

[6] K.Popper, Scienza e filosofia. Problemi e scopi della scienza. Einaudi 1969; K.Popper, Logica della scoperta scientifica. Einaudi 2010.

[7] Costituzione, art.111 “1.La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. 2.Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. 3.Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. 4.Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore. 5.La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. 6.Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 7.Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra. 8.Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.”.

[8] Codice di Procedura Penale, art.191 (Prove legittimamente acquisite) “1.Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. 2.L’inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. 2-bis. Le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili, salvo che contro le persone accusate di tale delitto e al solo fine di provarne la responsabilità penale.”.

[9] Codice di Procedura Penale, art.526 (Prove utilizzabili ai fini della deliberazione) “1.Il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento. 1-bis. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore.”.

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