SI PUO’ FOTOGRAFARE LA POLIZIA di A.Borzumati
FOTOGRAFARE LE FORZE DI POLIZIA DURANTE IL SERVIZIO È LECITO
di Antonino #Borzumati(1)
Abstract: È lecito fotografare le forze di polizia durante il loro servizio poiché non godono di una tutela differente da quella degli altri cittadini anzi sussiste un dovere generale di pubblicità dell’esercizio della funzione pubblica esercitata.
Keywords: #Privacy #DGPR #Fotografia #RipreseVideo #Audiovisivo #TrattamentoDatiPersonali #DiffusioneImmagini #TrattamentoImmagini #PubblicazioneImmagini #Internet #Socials #Facebook #Instagram #Twitter #AntoninoBorzumati #EspertiUPLI #UPLI #UnionePoliziaLocaleItaliana.
(1) Giornalista pubblicista, già comandante dirigente di Polizia Locale.
Premessa
Se fotografare le forze di polizia sia lecito è un quesito importante, poiché la questione coinvolge diritti ed interessi configgenti: da un lato la privacy degli appartenenti alle forze di polizia, equiparata a quella di qualsiasi altro essere umano e la protezione del ruolo delicato da loro svolto, dall’altro la diffusa ed immediata disponibilità di strumenti di ripresa da parte dei cittadini e l’utilità di usarli anche a loro difesa e ad eventuali fini probatori, per un interesse legittimodi cui gode ogni soggetto.
Per risolvere il potenziale conflitto tra questi due aspetti, si devono richiamare le norme in vigore che regolano le fattispecie della privacy e della protezione dei dati.
Le immagini e i filmati rientrano nella definizione di dato personale, in quanto idonei ad individuare ed identificare una persona e, pertanto, sia l’acquisizione che la diffusione delle predette informazioni costituiscono un trattamento di dati, cui applicare la disciplina del Regolamento U.E. e del Codice della Privacy.
La diffusione delle immagini degli operatori di polizia sui socials
L’immissione su Internet o sui social dei dati personali configura un trattamento di dati e, quindi, richiede una delle motivazioni di cui all’art. 6 del GDPR[a], ai fini della liceità del trattamento: è vietato diffondere un video o una foto, a meno che non si adottino degli accorgimenti per rendere irriconoscibili le persone riprese (per es. sfocando l’immagine del viso) o non si sia ottenuto il consenso della persona fotografata o filmata o non vi sia uno degli altri motivi, elencati nell’art.6 del GDPR, che rende lecito il trattamento dei dati (altrimenti vietato).
E questo vale per tutti, semplici cittadini e pubblici ufficiali, a meno che i dati non siano necessari all’attività giornalistica, ai fini di una corretta informazione, e solo se le immagini sono di interesse generale. I giornalisti devono, comunque, evitare di mostrare particolari che nulla aggiungono al senso e al valore della notizia.
Tutto questo, per ciò che riguarda le riprese fatte in spazi pubblici ed aperti al pubblico.
L’articolo 6 del DGPR, già visto in precedenza, enuncia le condizioni in base alle quali il trattamento può dirsi lecito o meno, e quindi punibile ai sensi dall’art.167 del D.Lgs.196/2003 e ss.mm.ii[b].
Serve il consenso del soggetto ripreso?
Va tenuto presente, inoltre, che il Regolamento U.E. supera la vecchia prospettiva della visione proprietaria del dato per il cui trattamento occorre il consenso, passando a una prospettiva di controllo del dato, in base alla quale l’interessato deve sapere se i suoi dati sono usati o meno, in modo da proteggerlo dai rischi che il trattamento può provocare.
Secondo quanto ha stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione Sez. IV, del 24 gennaio 2012, n.10697, tutto quello che l’occhio umano può avvistare, può anche essere fotografato o ripreso.
Il motivo di tale assunto è intuibile: in un’area pubblica, dove ogni avvenimento è sotto gli occhi di tutti, non avrebbe senso impedire a qualcuno la relativa ripresa di immagini con audio, visibili e udibili da tutti.
L’Ufficio del Garante della privacy, con nota 14755 del 5 giugno 2012, rispondendo ad un quesito del Ministero dell’Interno relativo alla liceità dell’acquisizione e della diffusione in rete delle immagini riprese da privati nel corso di controlli della Polizia Stradale, ha precisato che “i funzionari pubblici e i pubblici ufficiali, compresi i rappresentanti delle forze di polizia impegnati in operazioni di controllo o presenti in manifestazioni o avvenimenti pubblici, possono essere fotografati e filmati, purché ciò non sia espressamente vietato dall’Autorità pubblica”.
Quando non si può utilizzare l’immagine relativa alla polizia
Il Garante ricorda però che, per quanto riguarda l’utilizzazione delle immagini, è necessario prestare particolare attenzione alle condizioni ed ai limiti posti dal Codice della privacy a seconda che si tratti di circolazione di dati tra un numero ristretto di persone, diffusione in rete ovvero utilizzo a fini di giustizia.
Per fare alcuni esempi, sono lecite le riprese fatte a una volante della polizia stradale, intenta a gestire un velocimetro ai margini della autostrada, ma non sarebbe lecito riprendere anche l’auto o la figura dell’automobilista fermato per il controllo.
È lecito riprendere e fotografare i carabinieri nell’ambito di una attività di controllo, ma a condizione che le operazioni non siano coperte da segreto istruttorio.
È consentito fare filmati al di fuori di una stazione della Guardia di finanza o, ancora, immortalare gli agenti che effettuino delle operazioni di controllo o di repressione di manifestazioni di piazza, a condizione che venga rispettata anche la privacy dei dimostranti.
Per converso, alla luce del Codice della privacy, non è lecito diffondere un video su Internet o sui social di una pattuglia di agenti nella loro attività di servizio nell’esercizio delle proprie funzioni, se gli agenti sono riconoscibili e il video lede la loro immagine.
Relativamente a riprese, scatti di foto o registrazioni di audio e di video all’interno di un Comando di Polizia o di una caserma, durante lo svolgimento di un’attività istituzionale, vige sempre il divieto di diffusione, poiché, se vige tale proibizione per audio ed immagini acquisiti in luoghi pubblici, a maggior ragione la regola vale per ciò che si riprende o si registra in luoghi privati o istituzionali.
In sintesi, non vi sono norme di ordine pubblico che vietino di fare filmati e fotografie alle forze di polizia o alle altre autorità, ma si applicano, erga omnes, le regole del codice della privacy.
Quando si realizza il reato e quindi si può agire contro il fotografo
Vi è da aggiungere che le stesse forze dell’ordine, nel momento in cui assistono a riprese audio e video che riguardano l’attività di polizia, hanno pur sempre la facoltà di identificare detti soggetti, ma, finché non si concretizza la diffusione del prodotto sui social o su internet, non si realizza nemmeno la fattispecie di reato.
Pertanto, finché non vi è la diffusione delle riprese audio/video, non si può effettuare il sequestro dello strumento di registrazione (telefonino o altro), perché non sussiste appunto un fatto reato.
Solo con l’eventuale diffusione si avrà la sussistenza del reato in concorso con i gestori di Internet o dei social. In buona sostanza, il soggetto attivo del reato è il gestore del sito che commette l’illecito a seguito della diffusione di immagini audio/video vietate, consentendo la visione.
Va precisato che il GDPR, è cogente per tutte le tipologie di attività pubbliche e per le attività imprenditoriali, ma non va a regolamentare la vita del singolo cittadino.
Il soggetto privato, può liberamente autodeterminarsi oltre che contenersi, sull’uso delle immagini audio/video in suo possesso, fatta eccezione per la possibile estensione a un ristretto numero di persone, pur sempre in forma riservata.
Un caso alla corte europea di giustizia
La fattispecie in trattazione, negli anni scorsi, ha interessato la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C.G.U.E.): nella causa C-345/17 l’Avvocato Generale della C.G.U.E. ha tratto alcune conclusioni in riferimento al rinvio pregiudiziale che la Suprema Corte della Lettonia aveva demandato alla Corte dell’U.E., per ottenere l’interpretazione della Dir. 95/46 CE, al fine di decidere di una controversia relativa ad un cittadino lettone. Il GDPR ha abrogato la Dir. 95/46.
Questi aveva filmato e diffuso sul web una conversazione con alcuni agenti di polizia e lui stesso, svoltasi all’interno di un commissariato dove si era recato per discutere di una multa; ma era stato denunciato per violazione delle norme lettoni sulla privacy.
Le conclusioni a cui è pervenuto l’Avvocato Generale, rimangono ad oggi ugualmente interessanti, poiché i principi sottesi alla disciplina della protezione dei dati attualmente in vigore sono gli stessi, poggiando sui principi dei Trattati UE e della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Per di più, la normativa introdotta dal GDPR è persino più severa.
Nella causa in citazione, la Repubblica Ceca, l’Italia, la Polonia, il Portogallo e la Commissione U.E. sostenevano che diffondere video su Youtube rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 95/46 (precisamente, in riferimento alla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva stessa, in quanto avrebbe costituito un trattamento di dati personali interamente o parzialmente automatizzato e, pertanto, sarebbe stata un’attività lecita, equiparata a quella giornalistica). L’Austria e la Lettonia affermavano il contrario.
L’Avvocato Generale, alla fine, tre le seguenti conclusioni: “solo una norma statale, che derogasse a quelle europee in materia, avrebbe potuto consentire che la privacy dei titolari di funzioni pubbliche, nel corso dello svolgimento di attività istituzionali, potesse essere intaccata”.
Una tale eccezione è attualmente prevista solo per l’attività giornalistica, non equiparabile a quella dell’utente di un social network che vuol rendere evidente l’operato della polizia.
Peraltro, di fronte ad un reato commesso dalle forze dell’ordine, le immagini probanti andrebbero consegnate direttamente all’Autorità Giudiziaria, senza bisogno di diffonderle coram populo).
Conclusioni
Pertanto, in assenza di disposizioni contrarie, la ripresa, la fotografia e la registrazione vocale di funzionari pubblici nell’esercizio delle loro funzioni nel luogo di lavoro (n.d.r. compresa la pubblica via per le forze di polizia), nonché la diffusione su Internet o sui social di ciò che è stato ripreso e registrato, per l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia U.E. costituiscono un trattamento di dati personali, vietato e, quindi, penalmente illecito.
D’altro canto, il diritto alla riservatezza, oltre alle fonti prima citate, è riconosciuto e tutelato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, dagli artt.7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali di Nizza, dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e riguarda sia privati cittadini che pubblici funzionari.
A tal proposito, il Regolamento U.E. vieta il trattamento dei dati, a meno che non vi sia il consenso degli interessati o un obbligo di legge, o di contratto, o la necessità, per gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, di raggiungere delle finalità istituzionali (art. 6 GDPR).
Naturalmente, anche in presenza di consenso, le operazioni di servizio nell’attività di polizia che vengono riprese e registrate, non devono essere coperte da segreto istruttorio, né violare la privacy di terzi, come nel caso di dimostranti o di fermati ed arrestati, per fare alcuni esempi.
[a] Regolamento UE 2016/679 art.6 (Liceità del trattamento) : “1. Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) l’interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità; b) il trattamento è necessario all’esecuzione di un contratto di cui l’interessato è parte o alla esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso; c) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento; d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona fisica; e) il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento; f) il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore. La lettera f) del primo comma non si applica al trattamento di dati effettuato dalle autorità pubbliche nell’esecuzione dei loro compiti. … omissis…”
[b] Art. 167 Nuovo Codice Privacy – D.lgs 196/2003 aggiornato al D.lgs 101/2018 (Trattamento illecito di dati) “1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, operando in violazione di quanto disposto dagli articoli 123, 126 e 130 o dal provvedimento di cui all’articolo 129 arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi. 2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2-sexies e 2-octies, o delle misure di garanzia di cui all’articolo 2-septiesovvero operando in violazione delle misure adottate ai sensi dell’articolo 2-quinquiesdecies arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni. 3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena di cui al comma 2 si applica altresì a chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trasferimento dei dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale al di fuori dei casi consentiti ai sensi degli articoli 45, 46 o 49 del Regolamento, arreca nocumento all’interessato. 4. Il Pubblico ministero, quando ha notizia dei reati di cui ai commi 1, 2 e 3, ne informa senza ritardo il Garante. 5. Il Garante trasmette al pubblico ministero, con una relazione motivata, la documentazione raccolta nello svolgimento dell’attività di accertamento nel caso in cui emergano elementi che facciano presumere la esistenza di un reato. La trasmissione degli atti al pubblico ministero avviene al più tardi al termine dell’attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui al presente decreto. 6. Quando per lo stesso fatto è stata applicata a norma del presente codice o del Regolamento a carico dell’imputato o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria dal Garante e questa è stata riscossa, la pena è diminuita.”
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202029 A.Borzumati-Si può fotografare la polizia
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