NON COMMETTE REATO CHI NON ELEVA LA SANZIONE di M.Mancini
OMETTERE DI SANZIONARE UN AUTOMOBILISTA NON COSTITUISCE REATO DI ABUSO D’UFFICIO
di Massimiliano Mancini (massimiliano.mancini@hotmail.it) (1)
Abstract:Non costituisce reato -nel caso di specie di abuso d’ufficio- il comportamento dell’operatore di polizia che omette di elevare verbale di contestazione in presenza di oggettive violazioni amministrative, pur se l’omissione comporta oggettivamente un vantaggio patrimoniale per il trasgressore.
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(1)Segretario Generale UPLI, criminologo, già comandante dirigente di Polizia Locale e Provinciale, consulente privacy per enti pubblici (Mancini Privacy Firm) e DPO esperto in DPIA.
Indice
Gli elementi costitutivi del reato di abuso d’ufficio; La dolosità dell’abuso d’ufficio; Il caso di un carabiniere assolto.
Gli elementi costitutivi del reato di abuso d’ufficio
Come è noto l’abuso d’ufficio, previsto dall’art. 323 del Codice Penale, è un reato proprio dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio e la fattispecie si configura in presenza dei seguenti elementi [art. 323 c.p.][1]:
- comportamento in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità;
- comportamento doloso;
- comportamento che procuri un ingiusto vantaggio o un ingiusto danno di tipo specificatamente patrimoniale.
Il delitto di abuso d’ufficio è uno tra quelli contro la Pubblica Amministrazione sul quale si è maggiormente incentrata l’attenzione del nostro legislatore se si pensa che la norma è stata novellata e sostituita dapprima dall’art. 13 Legge 26 aprile 1990 n. 86 e poi dall’art. 1 Legge 16 luglio 1997 n. 234 mentre più recentemente l’art. 1 comma 75 lett. p) della Legge 6 novembre 2012 n. 190 ha inasprito il trattamento sanzionatorio prevedendo anziché la pena della reclusione “da sei mesi a tre anni” la più grave pena “da uno a quattro anni”.
La dolosità dell’abuso d’ufficio
Per la configurabilità del reato di abuso d’ufficio, dal punto di vista dell’elemento psicologico, si richiede che il dolo sia pienamente intenzionale, quindi, per la configurabilità dell’elemento soggettivo, è necessario che il vantaggio o lo svantaggio economico che si venga a determinare in un terzo soggetto sia pienamente voluto dal reo e non semplicemente previsto e accettato come possibile conseguenza del proprio comportamento o della propria omissione.
Inoltre, sulla base dei principi di determinatezza e certezza del diritto che hanno causato l’abrogazione[2] del reato di interesse privato in atti d’ufficio, che era posto anche come numerazione dell’articolo [art. 324 c.p.][3] immediatamente dopo, il reato di abuso d’ufficio è stato trasformato da reato a consumazione anticipata a dolo specifico a reato di evento a dolo generico nel senso che, ai fini della consumazione, non è più sufficiente che il pubblico funzionario abbia agito con il fine di vantaggio o danno ma occorre che vi sia l’effettiva produzione dell’uno o dell’altro.
Questi aspetti sono stati ribaditi dalla giurisprudenza (Cassazione penale, Sez. VI, 11-10-2017 n. 46788) stabilendo che: “…nel delitto di abuso d’ufficio per la configurabilità dell’elemento soggettivo è richiesto che l’evento costituito dall’ingiusto vantaggio patrimoniale o dal danno ingiusto sia voluto dall’agente e non semplicemente previsto ed accettato come possibile conseguenza della propria condotta per cui deve escludersi la sussistenza del dolo sotto il profilo dell’intenzionalità qualora risulti con ragionevole certezza che l’agente si sia proposto il raggiungimento di un fine pubblico proprio del suo ufficio (Sez. 6, n. 18149 del 07/04/2005, Fabbri ed altro, Rv. 231343) ancora la prova dell’intenzionalità del dolo esige il raggiungimento della certezza che la volontà dell’imputato sia stata orientata proprio a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto. Tale certezza non può provenire esclusivamente dal comportamento “non iure” osservato dall’agente ma deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici quali la specifica competenza professionale dell’agente l’apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento ed i rapporti personali tra l’agente e il soggetto o i soggetti che dal provvedimento ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danno.”.
Il caso di un carabiniere assolto
La precedente pronuncia della suprema corte di cassazione si riferisce al caso del comandante di una stazione CC. che non sanzionava il conducente di un veicolo sprovvisto di copertura obbligatoria R.C., omettendo quindi di applicare l’art.193 C.d.S.
Assolto dal Tribunale di Matera in data 17/04/2015, a seguito di gravame interposto dal Procuratore della Repubblica presso il locale Tribunale, il 18/02/2016 la Corte d’Appello di Potenza, ritenendo che l’omessa sanzione e il mancato sequestro del veicolo costituisca un ingiusto vantaggio patrimoniale, condannava l’imputato alla pena di giustizia.
Infine in data 11/10/2017 la Cassazione, accogliendo il ricorso della difesa, annullava la sentenza di condanna con rinvio alla Corte d’Appello ritenendo che: “2.…una condotta di omesso controllo in relazione ad una situazione di illegittimità pur grave e diffusa negli atti di un’amministrazione comunale non può equivalere a ritenere dimostrata la presenza del dolo dell’abuso di ufficio affermando che la prova dell’intenzionalità del dolo esige il raggiungimento della certezza che la volontà dell’imputato sia stata orientata proprio a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto e tale certezza non può essere ricavata esclusivamente dal rilievo di un comportamento “non iure” osservato dall’agente ma deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici che evidenzino la effettiva “ratio” ispiratrice del comportamento quali ad esempio la specifica competenza professionale dell’agente l’apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento ed il tenore dei rapporti personali tra l’agente e il soggetto o i soggetti che dal provvedimento stesso ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danno (Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla e altri, Rv. 255368). 3. Esula pertanto dall’alveo di legittimità il giudizio espresso dalla sentenza di “oggettiva finalizzazione” della condotta omissiva posta in essere dal ricorrente essendosi omesso di motivare sulla intenzionalità favoritrice rispetto ad una condotta tenuta nel corso di un occasionale controllo su strada nei confronti di un soggetto privo di relazioni con il ricorrente ed a seguito del quale non fu comunque consentita la prosecuzione della marcia del veicolo.”.
[1] Codice Penale, art.323 (Abuso d’ufficio) “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che nello svolgimento delle funzioni o del servizio in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità.”.
[2] Abrogato dall’art. 20 della L. 26 aprile 1990 n. 86.
[3] Codice Penale, art.324 (Interesse privato in atti d’ufficio) “[Il pubblico ufficiale che direttamente o per interposta persona o con atti simulati prende un interesse privato in qualsiasi atto della pubblica Amministrazione presso la quale esercita il proprio ufficio è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da lire duecentomila a quattro milioni.]”.
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202107 M.Mancini-Non commette reato chi non eleva la sanzione
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