L’ACCESSO AGLI ATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE di F.Passaretti
IL DIRITTO DI ACCESSO TRA NORME E GIURISPRUDENZA
Abstract: Le forme dell’accesso agli atti della pubblica amministrazione, tra diritto d’accesso, accesso civico e accesso civico generalizzato, alla luce delle ultime evoluzioni normative, dalla 241/90 attraverso la riforma della legge 15/2005, D.Lgs. 33/2013, attraverso le ultime pronunce giurisdizionali (tra le altre TAR 13/04/2018, 09/05/2019, Consiglio di Stato 01/01/2020).
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(a) Comandante dirigente della Polizia locale di Latina, già presidente nazionale UPLI.
Indice
Diritto di accesso ex articolo22 della legge 241/1990; Gli interessati; L’oggetto del diritto di accesso; I controinteressati;La pronuncia del TAR Lazio del 2008; La pronuncia del Consiglio di Stato del 2020.
Diritto di accesso ex articolo 22 della legge 241/1990
Che il nostro codice della strada sia la legge più modificata, rivista e corretta del nostro ordinamento giuridico, non ci sono affatto dubbi, così come non ce ne sono sul fatto che, tra le tante fattispecie disciplinate da questa legge speciale, una tra quelle che hanno maggiormente fatto discutere la giurisprudenza, è sicuramente quella del diritto di precedenza.
L’argomento di seguito trattato riveste particolare importanza anche ai fini della evoluzione normativa che ha interessato il diritto di accesso in questi ultimi anni.
Si è passati da una fase dove ad avere diritto di “accedere” agli atti amministrativi era solo chi fosse titolare di un interesse giuridico qualificato, ad una più recente ove l’accesso risulta svincolato dalla dimostrazione del possesso della detta posizione differenziata.
Dobbiamo subito specificare che le tre forme di accesso oggi utilizzabili e nello specifico il diritto di accesso ex articolo 22 legge 241 del 1990, il diritto di accesso civico e quello civico generalizzato, poggiano le loro basi su presupposti giuridici differenti e proprio per tali ragioni non possono essere considerate sovrapponibili.
Capirne esattamente presupposti di diritto, differenze e specifiche finalità, non solo ci aiuta a connotare l’istituto da un punto di vista giuridico, ma soccorre ogni singola pubblica amministrazione destinataria di una istanza di accesso agli atti: ci aiuta a capire se a quella specifica richiesta sia possibile rispondere in termini positivi, tenuti in debita considerazione tutti gli interessi in gioco, compresi quelli dei controinteressati, portatori di esigenze procedimentali proprie e contrarie a quelle dell’istante.
Il primo a parlare di accesso, trasparenza e di pubblica amministrazione come casa di vetro, fu Filippo Turati, importante figura politica di fine 800.
Ma la trasparenza non entrò esplicitamente nella Costituzione, tanto che fin quasi da subito si avvertì l’esigenza di un intervento normativo in tal senso.
Si dovette attendere la legge 241 del 1990, che determinò uno stravolgimento nella concezione di pubblica amministrazione, mutando radicalmente i rapporti tra la P.A. medesima e la collettività amministrata.
Si è passati da un approccio autoritativo della Pubblica Amministrazione, ad uno di natura partecipativa che prevedesse per il cittadino non solo la possibilità di “conoscere”, ma anche di interagire con le autorità pubbliche all’interno del procedimento amministrativo.
Si è voluto in definitiva regolamentare l’azione della Pubblica Amministrazione, tale che l’attività della medesima fosse preordinata a criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza.
Sono state introdotte regole in tema di procedimento amministrativo, di trasparenza, di partecipazione.
Di enorme importanza è certamente l’introduzione in diritto dell’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi.
Il diritto di accesso è il diritto riconosciuto al cittadino di accedere ai documenti amministrativi, al fine di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa.
L’istituto regolamentato dall’articolo 22 della legge 241/1990, mira dunque alla tutela di esigenze sia pubbliche che private.
Quelle private sono legate alla situazione giuridica individuale sottesa, che sia di diritto soggettivo o interesse legittimo, e che facoltizzano la richiesta di accesso agli atti.
Quella pubblica è come detto la tutela della trasparenza che può essere raggiunta anche attraverso un esercizio democratico di controllo sull’azione amministrativa.
L’istituto del diritto di accesso è stato interessato nel corso degli anni da rilevanti processi di evoluzione che hanno sempre più affinato le capacità di interazione con i privati della Pubblica Amministrazione.
La legge 15/2005, di riforma della legge 241/1990, nel ridisegnare l’istituto dell’accesso, lo ha elevato a principio fondamentale, estendendolo a tutta la Pubblica Amministrazione ed ancorandolo ad esigenze di partecipazione, imparzialità e trasparenza.
Gli interessati
Titolari del diritto di accesso ai sensi dell’articolo 22 della legge 241, sono «tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridica tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».
L’interesse deve quindi essere attuale, riferito cioè alla richiesta di accesso documentale, e quindi attinente alla sfera del soggetto, tale che vi sia un concreto collegamento tra il documento amministrativo e il bene della vita tutelato.
Non deve cioè trattarsi di un generico interesse alla trasparenza amministrativa occorrendo nello specifico un quid pluris.
L’interesse deve poi essere serio, non emulativo e quindi non esercitato a scopo di recare molestia o nocumento.
Vi è infine la necessità di una adeguata motivazione e che la richiesta di accesso abbia come presupposto una situazione giuridica tutelata.
Quali sono le situazioni giuridiche soggettive meritevoli di tutela?
In realtà prima della approvazione della legge 15/2005, sul tema si è ampiamente dibattuto.
Rientrano nella tutela certamente i diritti soggettivi, tutelati in maniera piena e diretta dall’ordinamento giuridico, i quali attribuiscono al titolare specifici poteri per il soddisfacimento dei medesimi, ad esempio le azioni giudiziarie esercitabili dal proprietario che ritiene leso il proprio diritto di proprietà.
Parimenti meritevoli di tutela sono gli interessi legittimi, i quali a differenza dei diritti soggettivi, beneficiano di un tutela che non può essere soddisfatta direttamente dall’interessato, ma dipende dalla intermediazione provvedimentale dell’Amministrazione Pubblica, sottintendendo l’interesse del privato a che la P.A. medesima eserciti in maniera corretta i propri poteri, ad esempio il candidato ad un concorso pubblico si aspetta che la commissione espleti in maniera ineccepibile le procedure selettive.
Tutelabili sono anche gli interessi collettivi classificabili quali interessi legittimi che fanno capo ad un ente esponenziale rappresentativo di un gruppo non occasionale.
La legge 241/1990 ritiene di fornire tutela poi anche agli interessi diffusi, i quali fanno capo ad una formazione sociale non organizzata e non individuabile autonomamente.
Non rientrano nel novero degli interessi da considerare ai fini dell’accesso, gli interessi semplici e quelli di fatto, sprovvisti peraltro di qualsivoglia tutela giurisdizionale.
La volontà del legislatore di ampliare il ventaglio delle situazioni giuridiche individuali tutelabili, dimostra come l’istituto dell’accesso e più in generale il principio della partecipazione debbano essere considerati cardini imprescindibili dell’azione amministrativa.
Restano al di fuori della tutela i meri interessi semplici o di fatto, di norma sprovvisti di qualsivoglia tutela giurisdizionale.
L’oggetto del diritto di accesso
L’oggetto del diritto di accesso è il documento definito nell’articolo 22 come «…ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica, o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale…».
Quindi possono essere oggetto di accesso anche gli atti interni, cioè quegli atti endoprocedimentali
che non hanno effetto immediato nei confronti dei privati ma costituiscono il presupposto del provvedimento finale ( es. pareri tecnici e nulla osta ).
Possono essere altresì oggetto di accesso anche gli atti di diritto privato emessi dalla P.A., rilevando non tanto la natura pubblicistica dei medesimi, quanto le finalità di tutela del pubblico interesse che gli stessi intendono perseguire.
I soggetti obbligati a consentire l’accesso sono tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
Ai fini dell’accesso si è quindi notevolmente ampliato il concetto di pubblica amministrazione.
I controinteressati
Di particolare rilevanza è la categoria dei controinteressati relativamente alla effettiva possibilità che gli stessi possano incidere negativamente sulla richiesta di accesso agli atti.
Per conrointeressati ai sensi di quanto disposto dall’articolo 22 comma 1 lettera c, si intendono «…tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza…».
L’Amministrazione deve valutare l’esistenza dei controinteressati ai sensi dell’articolo 3 D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184 per il quale «…fermo quanto previsto dall’articolo5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati di cui all’articolo 22, comma 1 lettera c della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione…».
La norma di cui sopra prevede che entro 10 giorni dalla ricezione della detta comunicazione i controinteressati possano presentare motivata opposizione alla richiesta di accesso.
Decorso tale termine la Pubblica Amministrazione provvede sulla richiesta.
La pubblica amministrazione destinataria di una richiesta di accesso agli atti ai sensi della legge 241, è tenuta a valutare non solo poi la sussistenza di controinteressati, ma anche valutare la necessità della comunicazione ai medesimi.
Detta valutazione deve essere compiuta nei limiti chiariti dalla giurisprudenza, al fine di non restringere eccessivamente l’esercizio tempestivo del diritto di accesso.
A tale riguardo il TAR Campania, Napoli sez V, con sentenza n. 39 del 04.01.2007, ritiene che la posizione del controinteressato deve essere adeguatamente calibrata con le esigenze connesse all’ accesso che ricordiamo è stato considerato dall’ ordinamento giuridico quale «…livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m della Costituzione…».
La posizione di favore che è stata assicurata dall’ordinamento giuridico al diritto di accesso impone alla Pubblica Amministrazione che deve valutare l’istanza, di scegliere tra le varie alternative possibili, quella che maggiormente riesca a soddisfarne la tutela e l’esercizio: «…la posizione del controinteressato deve essere valutata in termini sostanziali e non meramente formali…».
Occorre quindi una indagine di merito, che al di la della sussistenza di un interesse contrario all’esercizio dell’accesso, sia in grado di individuarne profili di meritevolezza tale renderlo preminente rispetto all’accesso medesimo.
La circostanza peraltro che i dati o i documenti richiesti facciano riferimento a soggetti terzi non implica, di per sé, che questi debbano essere qualificati come controinteressati. Occorre infatti in ogni caso valutare il pregiudizio concreto agli interessi privati che i controinteressati potrebbero subire come conseguenza dell’accesso.
In caso poi di presentazione da parte del controinteressato di motivata opposizione, va fatta approfondita valutazione dovendosi bilanciare le esigenze di riservatezza del medesimo e quelle all’accesso dell’istante.
La pronuncia del TAR Lazio del 2008
In merito è possibile citare il TAR Lazio sezione seconda, sentenza n. 4790 del 21.05.2008 che in termini di tutela della riservatezza del controinteressato ritiene che la medesima possa essere ritenuta preminente solo in vicende collegate in modo significativo alla sfera privata del soggetto tali da rivelarne ad esempio lo stato di salute e la vita sessuale.
E dunque «…nel bilanciamento di interessi che connota la disciplina del diritto di accesso, questo prevale sull’esigenza di riservatezza dei terzi ogniqualvolta esso serva per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente…».
A tal riguardo si può portare ad esempio l’istanza di accesso agli atti da parte di un soggetto che a seguito di esposto è stato oggetto di verifiche sulla regolarità di interventi edilizi effettuati.
In presenza di una opposizione dell’esponente in qualità di controinteressato, l’esercizio del diritto di accesso va certamente garantito in quanto da ritenersi prevalente rispetto a generiche esigenze di riservatezza che non attengano a significative posizioni giuridiche individuali.
Peraltro anche la giurisprudenza conserva la medesima impostazione.
Nello specifico il TAR Lazio, con sentenza del 13/04/2018 ritiene non possa negarsi l’accesso agli atti per la mera opposizione del controinteressato in quanto la medesima «…non è circostanza che possa assumere autonoma ed assorbente rilevanza ai fini del diniego di accesso agli atti, essendo comunque onerata l’amministrazione dell’obbligo di valutare i contrapposti interessi, al fine di individuare quello prevalente…».
La pronuncia del Consiglio di Stato del 2020
In tal senso anche il Consiglio di Stato con sentenza n. 30 del 02/01/2020.
Tali quindi sono gli obblighi e i poteri della Pubblica Amministrazione relativamente alla figura del controinteressato.
Abbiamo visto come un ruolo determinante lo giochi il necessario bilanciamento tra trasparenza e riservatezza.
Parlando di riservatezza, non ci si può non riferire alla normativa di riferimento in materia di dati personali.
La previgente legge sulla privacy n. 675/1996, fissava una graduazione di livelli di tutela che andava da un livello minimo (c.d. dati personali) ad una soglia massima intangibile (c.d. dati sensibili).
Tale impostazione normativa influenzava anche l’accesso documentale ai sensi della legge 241, nella misura in cui si riteneva possibile esclusivamente, seppure con l’utilizzo di determinate e specifiche cautele, la diffusione dei dati personali non sensibili.
Quanto ai dati sensibili, l’originaria disciplina ne subordinava la possibilità di accesso ad una espressa previsione di legge che indicasse specificamente i dati suscettibili di trattamento, le operazioni consentite e le finalità di interesse pubblico perseguite ovvero gli obblighi da adempiere.
Al di fuori di ipotesi tassativamente pre-individuate, il diritto di accesso ai dati sensibili si riteneva non esercitabile.
Anche la stessa legge 241, nel menzionare la “riservatezza di terzi, persone, gruppi od imprese”, come limite al diritto di accesso, e non fornendo alcuna idonea descrizione normativa del contenuto di detto limite, determinava un automatico rimando alla legge 675.
Alla stregua di tale quadro normativo dunque, si profilava un regime a doppio binario a seconda che la richiesta ostensiva riguardasse documenti contenenti dati personali “ordinari” di cui all’articolo 27 della legge 675, ovvero dati sensibili ex articolo 22 della medesima legge, ove le ragioni della trasparenza amministrativa erano reputate recessive rispetto a quelle di salvaguardia della privacy.
In assenza di specifica previsione normativa, il D.lgs. 135/99 aveva attribuito al Garante, la facoltà di stabilire quali dovessero considerarsi le rilevanti finalità di interesse pubblico utilizzabili ai fini del trattamento dei dati e dell’accesso.
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